Louisiana, la marea di petrolio si abbatte sulle coste

NEW YORK
Una «catastrofe forse senza precedenti». Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, arrivato in Louisiana per un sopralluogo di persona nell’area, definisce così la marea nera che si sta abbattendo sulle coste. Si tratta di un'enorme chiazza di greggio fuoriuscita dalla piattaforma della Bp affondata lo scorso 22 aprile nel Golfo del Messico.
Obama è stato accolto dal governatore della Louisiana Bobby Jindal all’aeroporto di New Orleans. Subito dopo il convoglio presidenziale si è diretto a Venice, a circa 120 km a sud est, per controllare da vicino la situazione. Intanto le difficili condizioni meteorologiche, forte vento e mare mosso, stanno ostacolando le attività delle squadre di soccorso impegnate in mare per tentare di arginare la chiazza di petrolio, che ha ormai raggiunto le dimensioni di una grande isola come la Giamaica.
E il rischio di una catastrofe ambientale lungo le coste della Lousiana si fa sempre più concreto, se è vero - come ha detto oggi il ministro dell’Interno Mike Salazar - che ci vorranno tre mesi per chiudere tutte le falle. Secondo quanto ha invece detto il presidente di Bp America, Lamar McKay, nel giro di sei-otto giorni una cupola d’acciaio preparata appositamente potrebbe essere collocata sopra le tre falle del pozzo, situato a una profondità di circa un chilometro e mezzo, da cui sta uscendo il petrolio. Intervenuto al programma "This Week", sull’emittente ABC, McKay ha difeso la sua compagnia - che gestiva la piattaforma - indicando che l’incidente è stato provocato da «da un pezzo difettoso dell’equipaggiamento».
McKay ha anche affermato che potrebbe non essere corretta la stima secondo cui si starebbero riversando in mare 5.000 barili di greggio al giorno. Obama è stato netto: «Sarà la British Petroleum a pagare il prezzo del disastro ambientale». Il presidente ha poi garantito che per l’area colpita dalla marea nera, «ci saranno risarcimenti adeguati» . Ma intanto sulle vicenda infuriano le polemiche. L’Amministrazione Usa viene accusata anche questa volta di essersi mossa troppo in ritardo, sottovalutando l’entità del dramma, come era successo nel 2005 per l’uragano Katrina ai tempi di George W. Bush, e soprattutto di essersi fidata quasi ciecamente dei petrolieri. Intanto, il greggio continua a fuoruscire dal pozzo gestito dalla Bp ad una trentina di miglia dal Delta del Mississippi, ad una profondità di oltre 1.500 metri. La macchia nera si allarga e si sposta più a nord, minacciando oltre al fragile equilibrio delle paludi del Delta, anche le spiagge di Mississippi, Alabama e Florida, e nessuno sa esattamente cosa fare.
Azionare il dispositivo che dovrebbe chiudere la falla è come «operare a cuore aperto a 1.500 metri di profondità con sottomarini telecomandati», spiega il presidente di Bp America Lamar McKay McKay, ammettendo che l’esplosione sulla Deepwater Horizon è stata provocata da una «attrezzatura che si è guastata». Una cupola di contenimento della perdita è in via di completamento e potrà entrare in funzione entro otto giorni. Ai talk show domenicali, il ministro dell’interno Ken Salazar, responsabile anche per l’ambiente, spiega che saranno necessari fino a tre mesi per scavare un nuovo pozzo di petrolio accanto a quello che non cessa di sgorgare, come un rubinetto aperto: è una delle soluzioni proposte dalla Bp per fermare il flusso di greggio. Ma su un punto Salazar non ha dubbi: la perdita è «potenzialmente catastrofica» e la priorità del governo federale nella battaglia contro la marea nera è di stare «col fiato sul collo» a Bp, la responsabile della maxi perdita, cui verrà poi chiesto di pagare il conto verosimilmente di svariati miliardi di dollari tra danni economici ed ambientati ed indennizzi.
Fonte: http://www.lastampa.it
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