Petrolio, Egadi nel mirino


C'è un sito internet che si chiama shellapologises.com dove la multinazionale petrolifera anglo-olandese usa esprimere, orgogliosamente e pubblicamente, le proprie scuse. In particolare, per aver inquinato le foreste di mangrovie della Nigeria e per le conseguenze sanguinarie della sua presenza nello Stato africano. Le condizioni socio-economiche del nostro Paese non sono quelle del Delta del Niger, ma le risorse naturali certo non mancano. Così come le minacce oleose.
Lungo il tratto di mare al largo della costa di Trapani, tra le Egadi e Pantelleria, potrebbe trovarsi un enorme giacimento sottomarino in grado di produrre 150.000 barili al giorno: si tratterebbe, se l’ipotesi fosse confermata, del più grande bacino petrolifero europeo. A setacciare da qualche tempo l’area, neanche a dirlo, è proprio la Shell che, per bocca del presidente della sede italiana, ha confermato di recente alla stampa le esplorazioni in atto. L’unico problema è, secondo il colosso, la troppo macchinosa burocrazia italiana, a causa della quale «per portare a produzione un giacimento si impiega il doppio rispetto alle altre nazioni europee».
Meno male che c’è la burocrazia, verrebbe da dire (anche se uno degli ultimi atti di Scajola è stato snellire i procedimenti). Ma l’idea di un arcipelago piattaforma non va proprio giù agli isolani, ai siciliani e ovviamente a ogni persona di buon senso. Già un mese fa, quando circolò ufficialmente la notizia, il senatore del Pdl Antonio D’Alì, trapanese doc, presidente della commissione Ambiente e già noto per le sue posizioni negazioniste sui cambiamenti climatici, si era posizionato in prima linea, presentando un’interrogazione ai ministri Prestigiacomo, Scajola e Frattini, per chiedere «l’immediata sospensione delle attività di ricerca della nave laboratorio Atlantic Explorer, che stanno suscitando vivissima preoccupazione presso le comunità locali».
A rischio sono i fondali e gli ambienti marini di un’area che include la riserva protetta delle isole Egadi e la zona di cautela marina dell’isola di Pantelleria. Entrambi gli ecosistemi sono oltretutto sul punto di diventare parchi nazionali. In poche parole oasi, dove la caccia al petrolio è come minimo fuori luogo. E la denuncia di cui si faceva portavoce D’Alì si rimanifesta in questi giorni di marea nera e trivella facile. Alla ferma opposizione del senatore trapanese, si unisce anche Giulia Adamo, attuale capogruppo del Pdl Sicilia, che promette l’uso di ogni strumento politico per «bloccare uno scempio ambientale che taglierebbe le gambe all’intero territorio trapanese», appellandosi anche all’impegno del governatore Lombardo.
Sulla stessa linea Lucio Antinoro, sindaco di Favignana (la più grande delle isole), ha dichiarato la sua contrarietà alle operazioni Shell, si prepara ad incontrare il ministro Prestigiacomo ed ha predisposto un dossier che documenta cosa accadde 20 anni fa quando ci fu un’iniziativa simile al largo delle Egadi. Isole dove, ricordiamo, le tartarughe vengono a depositare le loro uova e le foche monache si sono fatte rivedere dopo 50 anni.

Fonte: http://www.terranews.it

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